Il viaggiatore

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  1. Honey64
     
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    Bravissima Ele, questa storia mi sta prendendo veramente molto.
    E' ben scritta e avvicente e... questo Andrea comincia a piacermi.

    Bella davvero !!!
    Posta presto.
     
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    s5a0pg

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    Brava Ele, sai sempre come appassionarci ed incuriosirci con i tuoi racconti!
    Ti aspetto presto!
     
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  3. Andago
     
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    Scusate il ritardo...posto appena mi è possibile!
     
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    "The King of Pop"

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    Grazie Andago :kiss2:
     
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  5. Andago
     
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    CAP.2

    La colazione arrivò poco dopo, come sperato e Andrea si alzò per ritirarsi.
    "Dottore..ve ne andate?" chiese la contessa
    "Sì, madame, è necessario che io vada a visitare altri pazienti ora" tentò di giustificarsi il Viaggiatore, consapevole che il risveglio poteva essere imminente e che era necessario trovarsi fuori da quella casa quando questo fosse avvenuto.
    La cosa che lasciava perplesso Andrea era che tutto era stato troppo semplice, rispetto al solito.
    Come poteva bastare aver salvato una donna da uno svenimento, come poteva essere lo scopo del suo viaggio onirico? Non era mai stato così, in nessuno di essi.
    Qualcosa non tornava in quella storia. Qualcosa c'era ancora da fare, ne era sicuro, si chiedeva solo cosa potesse essere e che cosa lo attendeva.
    "Allora, dottore, non posso che chiamare Nicola perchè prepari la vostra carrozza, se il dovere vi chiama!"
    "Sì grazie contessa....ehm, ma.. non ho una carrozza!"
    "Non l'avete?" chiese sbalordita la donna "allora sarete qui a cavallo immagino!"
    "No, contessa, non sono qui a cavallo"
    La contessa lo fissò per pochi minuti, allibita da una simile dichiarazione. La sua dimora di campagna, dove si trovavano in quel momento era ad un 'ora di viaggio in carrozza dalla città! Come poteva quel medico non esservi giunto neppure a cavallo? E per quale motivo spingersi a piedi fino alla sua casa?
    “Dottore, il viaggio fin qui non è semplice né breve, farlo anche al ritorno a piedi sarebbe folle, lasciate che vi faccia riportare in città con una delle mie carrozze, così che io possa sdebitarmi con voi per ciò che avete fatt0”
    Andrea intuì che le sue parole di pochi secondi prima avevano insospettito la contessa, ma cercare una qualche scusa avrebbe finito probabilmente per peggiorare solo le cose.
    Decise di accettare e nella speranza che quel sogno finisse in quello stesso momento, ripeteva dentro di sé: “Svegliati!” ma senza nessun risultato e allora cominciò a sentire un sottile filo di paura percorrergli le vene, come una tela di ragno invisibile e indistruttibile che lo stava lentamente avvolgendo.
    Non era mai accaduto neppure quello accidenti! Altre volte, in situazioni scomode o di pericolo, pronunciare quella parola lo riportava in un lampo alla realtà, ma quel giorno non stava accadendo..perchè?
    Sentì la fronte imperlarsi di sudore, le mani tremare e quasi non si accorse che la contessa gli aveva nuovamente rivolto la parola
    “Dottore, monsieur! Vi sentite bene? Siete così pallido!”
    “oh sì…sì madame! Perdonatemi ora devo proprio andare! Vi ringrazio per la carrozza, ci penserò io direttamente ad avvisare Nicola. Grazie ancora, contessa, con il vostro permesso…..”
    Il Viaggiatore fece l’inchino di rito e si allontanò in gran fretta dalla camera, scendendo le scale con la velocità che gli permettevano le scarpe e gli abiti a cui era così poco abituato. Rischiò prima di cadere, all’inizio dello scalone, poi quasi si scontrò con una cameriera che portava una pila di panni candidi e che sentì urlare per lo spavento, poi finalmente, spalancò il portone d’ingresso.
    Uscì dalla villa, girando verso la stalla che aveva intravisto arrivando.
    “Nicola! Nicola!” gridò a gran voce
    “Eccellenza, cosa succede? La contessa stà di nuovo male?” il ragazzo uscì in cortile trafelato
    “No, no la contessa Caterina stà bene sono io che….” Ma il ragazzo non lo fece finire
    “Ha un’emergenza, eccellenza? Le sello il cavallo più veloce di questa stalla! Vedrà, eccellenza, è uno stallone che corre come il vento!” si entusiasmò il ragazzo, ignorando che Andrea, in realtà non era neppure mai salito su di un cavallo e la cosa diventava pericolosa per la sua stessa vita.
    Il Viaggiatore era sempre più preoccupato della piega che stava assumendo l’intera vicenda, che non gli lasciava via di fuga, imprigionandolo in quello che sembrava diventare sempre di più un incubo.
    Provò e riprovò a pronunciare quella parola che gli era sempre servita a svegliarsi, questa volta però senza risultati e allora cercò un qualcosa di diverso.
    “Basta!” nulla…. “stop!” zero assoluto … “voglio tornare!” ed era ancora lì… “Devo tornare accidenti!”
    Le ultime parole gli sfuggirono a voce troppo alta e Nicola uscì dalla stalla, portando con sé il cavallo
    “Perdonatemi, eccellenza, se vi ho fatto aspettare troppo, sono cosciente che dovete tornare in città in fretta! Vi prego di perdonarmi e vi consegno il cavallo…domani la contessa deve venire in città, in carrozza, pertanto passerò io da voi a prenderlo per riportarlo a casa, non preoccupatevi!”
    Ecco, si disse Andrea, ora era davvero nei guai, non sarebbe riuscito a salire a cavallo, Nicola non era stupido anche se analfabeta, e avrebbe intuito che era un’impostore…chiunque in quell’epoca sapeva andare a cavallo, ancora di più un uomo, medico, giovane e prestante!
    “Permettetemi di tenervi il cavallo mentre salite, eccellenza!” disse il giovane stalliere
    Andrea si avvicinò all’animale, cercò di ricordare quello che aveva visto fare tante volte nei film, il piede nella staffa, la grande spinta e….c’era riuscito! In un attimo era in groppa, dritto e sicuro, come se avesse sempre avuto un cavallo a casa, anziché gatti e cani!
    Nicola lasciò le briglie, andò sul fianco dell’animale e diede un colpetto con il palmo della mano all’anca della bestia, che partì al galoppo.
    Andrea, superata la sorpresa iniziale, capì che stava andando bene e che, assecondando i movimenti del cavallo poteva allontanarsi dalla villa…già, ma verso dove? Dove sarebbe andato? Dove si trovava?
    Non riuscì a darsi una risposta perché subito dopo ci fu un movimento scomposto del cavallo, il Viaggiatore venne sbalzato di lato e cadde pesantemente al suolo, picchiando il capo sulla terra compatta. Poi ci fu solo il buio denso e pesante dell’incoscienza.

     
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  6. Honey64
     
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    E poi ? Che succede .. si sveglia ??? Si ritrova ancora lì ??
    Ahhh sono troppo curiosa !!!

    Posta presto Ele.

    p.s. mi piace..mi piace...mi piace !! mb6
     
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  7. Andago
     
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    CAP.3
    “Dove sono?” aprii gli occhi in cerca di dettagli familiari che mi aiutassero ad orientarmi. La vista annebbiata mi impediva di vedere chiaramente ma intravedevo dei pesanti tendaggi giallo ocra che coprivano parzialmente una larga finestra. Guardai attorno a me, mobili di legno scuro dalle forme indefinite ma sicuramente non erano quelli della mia solita stanza, nell’appartamento moderno di New York. Strinsi nei pugni la grezza stoffa delle lenzuola quando mi colpì improvviso il ricordo di ciò che era successo: ero caduto da cavallo, in un epoca di trecento anni prima della mia nascita, in uno dei miei viaggi onirici che solitamente durano lo spazio di una notte ma che stavolta non era terminato ma mi teneva prigioniero dentro sé!
    Cosa poteva essere successo? Perché non mi svegliavo? Tentai di alzarmi dal letto, scostando via da me le pesanti coperte, ma quando poggiai i piedi a terra e provai a mettermi in piedi una forte fitta mi trafisse la testa e mi dovetti sdraiare nuovamente.
    Mi sfuggì un’imprecazione ad alta voce e pochi istanti dopo la porta della camera si aprì. Mi strofinai gli occhi cercando di mettere a fuoco la figura femminile che si stava avvicinando al mio letto.
    “Come state dottore? Ricordate chi sono?” mi disse la giovane che piano piano diventava nitida davanti a me.
    “Sì..credo di sì. Siete Maria vero?” risposi
    Gli occhi della ragazza mostrarono un guizzo di emozione. Erano di uno straordinario tono di azzurro, un mix tra il colore dell’acqua e quello del cielo e potevano stregare un uomo con un battito di ciglia.
    Mi chiesi se la giovane ne fosse consapevole, di tale dote, ma i miei pensieri vennero interrotti dalla luce intensa del sole che la dama in questione fece entrare, scostando i tendaggi.
    Avvertii nuovamente una fitta alla testa e mi coprii gli occhi con la mano, imprecando nuovamente.
    “Ohh scusatemi Eccellenza! Ho commesso un errore aprendo le tende, ma credevo aveste bisogno di luce..” si scusò Maria facendo tornare la stanza nella penombra.
    “Perdonatemi, Maria, ma la testa duole terribilmente anche solo con la luce. Magari poco alla volta…” tentai di spiegare
    “Sì, avete ragione! Poco alla volta! Ci vuole del tempo in incidenti come il vostro, potevate morire ed è un miracolo che Nicola sia riuscito a trovarvi subito!!”
    Miracolo non era proprio la parola che avevo in mente per ciò che mi era accaduto, dato che ero ancora in quei luoghi.
    “Ora vi lascio riposare ancora un poco, tornerò più tardi, ma non esitate a chiamare se avete bisogno di una qualunque cosa” mi disse Maria, poi, con eleganza, fece un inchino e uscì dalla stanza.
    Ma io non avevo nessuna intenzione di riposare, dovevo agire, e in fretta, se volevo risolvere la faccenda e ritornare da dove ero venuto.
    Mi rimisi seduto, a letto, la fitta che mi colpì fu però meno intensa delle precedenti e lo giudicai positivo.
    La mia mossa successiva fu di mettere le gambe fuori dal letto e vidi in quel momento che indossavo un lungo camicione da notte bianco. Qualcuno, colui o coloro che mi avevano messo a letto, mi aveva dunque anche spogliato e fatto indossare quell’abito. Mi guardai intorno e trovai i miei abiti ordinatamente riposti su un divanetto in fondo alla stanza, davanti al caminetto acceso.
    Dovevo solo alzarmi ed arrivare fino a lì, per vestirmi, ma la distanza mi sembrò enorme quando mi alzai e la stanza ondeggiò attorno a me e dovetti camminare verso gli abiti, piegato in avanti, per non sentire il dolore al capo.
    Mi buttai sul divanetto, sfinito subito dalla breve camminata e appena ripresi un po’ di forza mi vestii più ordinatamente che potevo. Su un tavolino accanto a dove ero, c’era un cesto di frutta fresca e quella poteva essere la maniera giusta per acquistare energia, per cui iniziai con l’assaggiare piccoli grappoli di ribes, delle fragole, mature e succose e acini d’uva rossa e bianca.
    Lo stomaco inizialmente sembrò non accettare le mie “offerte” ma poi parve cambiare idea, permettendomi di proseguire il mio banchetto.
    A poco a poco, quasi in modo miracoloso, la testa smise di farmi male, le vertigini passarono e mi sentii presto come se nulla fosse accaduto e dato che, riflettei, mi trovavo in un sogno, davvero nulla era accaduto e la mia guarigione prodigiosa non poteva che essere la conferma.
    Uscii dalla camera, deciso a cercare la padrona di casa per chiederle nuovamente aiuto per lasciare quella casa e scesi al piano di sotto, lungo quella stessa larga scala che avevo percorso in senso inverso per soccorrere la contessa.
    Alla fine della mia discesa volsi lo sguardo ai due corridoi che avevo alla mia destra e alla mia sinistra e poiché da un lato potevo scorgere un salottino deserto la scelta da che parte andare fu presto presa.
    La prima stanza in cui entrai era la biblioteca, un sorta di piccolo salotto raccolto, con gli immancabili tendoni ocra alle finestre, tappeti e poltrone in toni di bordeaux e oro. Alte librerie in legno tinto di bianco arrivavano fino al soffitto e custodivano, dietro alle loro ante con vetro, centinaia di libri rilegati finemente in pelle.
    Il soffitto fu ciò che attirò la mia attenzione, tutto decorato con stucchi e con un dipinto che da inesperto qual’ero, non potevo con mio grosso dispiacere identificare. Poi il mio sguardo scese per finire sulla finestra e ciò che vedevo oltre essa, nel giardino curato da mani attente ed esperte che si stava tingendo inesorabilmente nelle tinte aranciate del tramonto.
    Lasciare quella casa, a quell’ora significava solo una cosa per me: finire probabilmente nelle mani di qualche banda di ladri senza pietà né scrupoli e nessuno mi avrebbe in ogni caso accompagnato in carrozza in una simile follia. Dato che la recente esperienza drammatica,escludeva a priori l’uso di un cavallo, non fu difficile per me decidere che non sarei partito che l’indomani, magari all’alba…sempre che avessi trovato la contessa per chiederle una carrozza!
    In quel momento ogni mio progetto fu interrotto dal rumore di una porta che si apriva alle mie spalle ed io mi voltai, finalmente certo di poter nuovamente incontrare la mia benefattrice.
     
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  8. Honey64
     
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    Credo di avertelo già detto Ele, anzi ne sono sicura,... hai la capacità di farmi "vedere" quello che scrivi e questo mi piace !!!!

    Bravissima.. continua così !! :clapping: :clapping:

     
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    Ho letto gli ultimi due capitoli insieme e ti devo dire che mi hanno fatto stare con il fiato sospeso!!! Come mai non si sveglia? Che cosa succederà adesso? Non vedo l'ora di andare avanti!!
    Ele, bravissima!!
     
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  10. Andago
     
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    CAP.4

    Le mie aspettative furono infrante quando con mio grosso stupore mi trovai faccia a faccia con un giovane uomo, apparentemente mio coetaneo, dai lunghi capelli scuri e che assomigliava in modo impressionante alla contessa, tanto da farmi credere che non solo fossero parenti, ma addirittura gemelli.
    “Dalla vostra espressione devo intendere che non ero io la persona che vi aspettavate di veder entrare da quella porta..” il suo sorriso era così magnetico! E lo sguardo lo era altrettanto, quando lo fece scorrere su di me, provocandomi una strana sensazione.
    Si avvicinò un poco, con passo lento e misurato:
    “Perdonatemi signore, credevo che mia sorella le avesse parlato di me e del mio imminente arrivo, avvenuto questa notte!”
    La sua voce era delicata non particolarmente profonda nei toni come ci si aspetterebbe da un uomo adulto qual’era ma i suoi modi sembravano frutto di un soggiorno alla corte francese e quindi tutto poteva anche essere stato impostato e studiato, come si usava nell’etichetta dell’epoca.
    Poi il giovane proseguì:
    “Permettetemi che mi presenti, signore!” disse inchinandosi “ Sono Vittorio, porto il titolo nobliare di duca, eredità ricevuta dal mio defunto padre. Con la contessa mia sorella, sono proprietario di questa dimora, di ciò che essa contiene e dei terreni attorno ad essa, oltre che di altre proprietà che, se vorrete, avrò l’onore di mostrarvi domani”
    Palesemente frastornato da quella presentazione così pomposa, esitai nel presentarmi a mia volta, dato che né in quell’epoca né in quella dalla quale provenivo, potevo vantare tanta ricchezza.
    “Sono io a dovervi chiedere perdono” risposi infine a mia volta “Non avrei dovuto apparire così stupefatto davanti a voi, ma come avete voi stesso affermato, non ero a conoscenza della vostra esistenza, senza contare sul fatto che in questo momento stavo cercando la contessa vostra sorella, che tanto gentilmente mi ha soccorso ed ospitato” mi inchinai a mia volta, in modo un po’ più goffo però del duca e pregai dentro me che non facesse tanta attenzione ai miei modi.
    “Temo che ciò non sarà possibile, mia sorella è stata chiamata a Napoli, dove possiede dei terreni e una dimora in cui viveva con il suo defunto marito, per degli affari urgenti”
    “Oh, la contessa è vedova dunque?” chiesi stupito “Me ne rammarico molto e ne sono desolato”
    Il giovane duca scoppiò in una sonora risata, contenuta fra le labbra con una mano, che potei vedere, alquanto pallida e esile, con lunghe dita, all’apparenza quasi femminile.
    “Vedo che sono molte le cose che non conoscete, caro dottore!”
    Non potevo certo negarlo, ma lui invece sembrava sapere già chi ero.
    “Come da voi detto, sono un medico, Andrea Boghino, per la precisione, entrato in casa vostra per soccorrere vostra sorella che aveva avuto un malore. In tali circostanze non ho avuto modo di parlare con lei, se non per discutere della sua salute. Degli impegni prefissati mi hanno poi fatto allontanare frettolosamente, da questa casa, grazie anche alla generosità di vostra sorella che mi prestò un veloce cavallo. Purtroppo la mia abilità a gestire tali focosi destrieri è alquanto scarsa e ben presto sono finito a terra, battendo il capo a terra e perdendo conoscenza e…”
    Il giovane alzò la mano per fermare la mia spiegazione dettagliata
    “Conosco bene la vostra disavventura, Andrea! La prima cosa che ho appreso arrivando alle scuderie stamattina, da Nicola, è stata proprio questa!”
    Ridemmo entrambi della loquacità dello stalliere, spezzando definitivamente le barriere che ci tenevano lontani
    “Caro dottore, vi dico una cosa soltanto: nulla deve stupirvi di questa casa e di chi la frequenta! Ricordatevene finchè sarete mio ospite!”
    Ebbi modo di parlare ancora per un certo tempo con il duca, che rimase languidamente appoggiato allo schienale di una delle poltroncine delle biblioteca tutto il tempo.
    Indossava un elegante abito di stoffa azzurra, con ampi ricami lungo l’abbottonatura della giacca e vistosi bottoni, con delicati pizzi che uscivano dalle maniche e sembravano accarezzare le sue mani.
    Poco dopo ci fu annunciato che la cena era quasi pronta così che il Duca mi invitò a seguirlo in sala da pranzo, oltre il salottino che avevo evitato quando scesi dalla mia camera.
    Mi chiesi quale occasione potesse richiedere lo sfarzo che vidi davanti a me sulla tavola, quando entrai nella sala: posate d’argento lucidate in modo perfetto erano accanto a piatti di fine porcellana, con bicchieri di cristallo che aspettavano di essere riempiti da vino e acqua.
    Certo dove vivevo io, a New York, nel ventunesimo secolo, una tavola del genere sarebbe apparsa ridicola ed inutile, se non forse per essere messa in qualche rivista patinata del settore!
    Ma in quell’epoca, tutto quello che vedevo era consuetudine e normalità, soprattutto in una dimora della borghesia, dove c’era la pressante “moda francese” che imponeva stili e abitudini che provenivano direttamente dalla Corte.
    Anche le portate che ci furono servite erano in linea con i dettami dell’epoca, abbondanti e sfarzose in quantità e qualità, tanto che mi augurai che ciò che sarebbe avanzato fosse poi donato ai bisognosi e non gettato.
    Spesso il duca posava lo sguardo su di me e a volte un lampo attraversava i suoi occhi, causandomi ogni volta delle strane sensazioni che non sapevo capire. Chiacchierammo a lungo, servì tutta la mia cultura scolastica per adeguarmi agli argomenti di cui si parlava, dai miti greci alle ricche terre orientali fino a quelle che per l’epoca erano innovative e sbalorditive scoperte scientifiche.
    Alla fine della serata ci congedammo in fretta e salii nuovamente nella mia camera, ma dopo l’incontro con il duca, non osavo più tanto sperare che quel viaggio onirico svanisse.
     
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    s5a0pg

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    O mamma quanto ero rimasta indietro, ma ho recuperato tutto al volo!!! :ok:
    Bellissimo e appassionante questo tuo racconto e tu sei davvero straordinaria nella descrizione di personaggi, luoghi e oggetti riferiti all'epoca in cui si trova Andrea nel suo strano "viaggio"!
    Brava davvero :clapping: :hug:
     
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    Adesso è lui che non si vuole svegliare....certo, è preso dagli avvenimenti ormai...e anch'io!!
    Aspetto il prossimo Ele, bravissima!! :kissing: :hug:
     
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26 replies since 11/10/2011, 15:19   269 views
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