MICHAEL JACKSON: CHASE THE TRUTH: in cerca della verità su Jacko

In occasione dell'11° anniversario della scomparsa di Michael trasmesso nuovo documentario

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    MICHAEL JACKSON: CHASE THE TRUTH: in cerca della verità su Jacko

    In occasione dell’anniversario della morte del Re del Pop, Amazon Prime propone in streaming il documentario "Michael Jackson: chase the truth", per difendere il nome e la reputazione dell’uomo e della star

    25 Giugno 2020

    Scritto da
    Rita Andreetti

    Una oratio pro Michael Jackson: Amazon Prime presenta nel suo catalogo in streaming il documentario Michael Jackson: chase the truth di Jordan Hill.

    Poche voci, le più vicine a Michael, guidate dal giornalista britannico Mike Smallcombe, che si è fatto carico di scrivere la sua biografia (”Making Michael: Inside the Career of Michael Jackson”) andando a fondo della carriera. Sembra metterlo in chiaro sin da subito: lui fa giornalismo e come tale è mosso dalla necessità di indagare la verità, così come dice il titolo. Perciò la sua diventa anche la missione del film.

    Accanto alla voce autorevole di Smallcombe, che dimostra di essere preparato come dovrebbe esserlo un biografo, troviamo: il caro amico Mark Lester, sua figlia Lucy Lester (di cui Jackson fu il padrino), e la ex-guardia del corpo nonché amico Matt Fiddes. Aggiunti poi come materiale d’archivio anche alcuni interventi dei famigliari, tra cui una memorabile, vera e affettuosa allo stesso tempo, dichiarazione della sorella Janet Jackson.

    La normalità della star

    Ci muoviamo già in un universo dell’assurdo, dove la vita “normale” viene sparata ad altissimi lumen sotto i riflettori mondiali, e ogni movimento amplificato e risuonato dai media di ovunque. Calarsi in questa realtà e vederci appunto, normalità, è il primo mal di pancia che il regista Jordan Hill si prende. Come poter spiegare ad un pubblico di gente comune in quale tipo di contesto, di infanzia, Michael Jackson è cresciuto?
    Senza ambire ad alcuna ricerca stilistica, anzi piuttosto abbracciando una classica interpunzione che alterna talking heads ad immagini di repertorio, ci addentriamo passo passo verso il tema più delicato: i processi civili e penali.

    Se vivi come una star, o peggio, se sei la star più conosciuta al mondo; se il mondo ti considera la celebrità, protetta e sorvegliata tanto quanto il presidente, allora ogni tuo gesto ha un peso inestimabile. Sei, agli occhi di molti, un pozzo di soldi con due gambe. E per i media, una preda ghiotta e succulenta. Le parole dei testimoni puntano il dito sul fatto che Michael fosse una persona integerrima, e che la più parte delle denunce che ha ricevuto, fossero mosse da questioni di soldi e di “fare notizia”. Al punto che i media avevano quasi rischiato di diventare più influenti dei fatti. In più di un’occasione infatti, la cassa di risonanza dello “sbatti il mostro in prima pagina” ha collezionato più credibilità che il lavoro della giustizia stessa.

    Dopo i processi e le calunnie, rimane sempre l’uomo, anche se il suo cuore è a pezzi

    Hill sostiene Smallcombe, il quale è il Caronte negli inferi della malafede. Ci sono delle discrepanze, delle verità falsificate, non dette, distorte, che andrebbero indagate e riesumate. Entrambi si battono affinché l’immagine e la memoria di Jackson sopravviva al falso mediatico.

    E per questo è fondamentale il confronto faccia-a-faccia, diretto e dichiarato, con il precedente documentario Leaving Neverland di Dan Reed. Un’”accusa senza difesa”, viene definito. Robson e Safechuck, le presunte vittime, vengono contestati nei fatti, nelle testimonianze, nelle date, nei modi, nelle intenzioni. Capitanata da Smallcombe, la squadra spiega perché ciò di cui Michael Jackson è stato accusato, nello specifico, è quanto meno opinabile ed è stato, anche in sede giudiziaria, preso sottogamba o non propriamente indagato.

    Il documentario è uscito nel pieno del ciclone e del polverone sollevato dal movimento #MeToo. Per una qualche forma di effetto alone, queste presunte vittime di abusi sono state considerate inattaccabili, forti del lavoro di riconquista di dignità che il moto femminista aveva in atto.
    Se il documentario Michael Jackson: chase the truth non è un prodotto cinematograficamente stimolante, vuole senz’altro essere la risposta a Leaving Neverland; o meglio la difesa postuma ben piantata con i piedi per terra. La posta in gioco è la dignità di una leggenda musicale, la limpidezza con cui si vorrà trasmettere ai posteri l’immagine della sua vita e della sua opera fuori dal palco e oltre le note musicali.

    Qui bisogna affidarsi delle parole di chi l’ha conosciuto, e fare uno sforzo per non ascoltare momentaneamente la sovra-informazione che i media hanno depositato nella testa di tutti. Forse solo i fan leali e sfegatati ne sono rimasti immuni, ma non la media degli aficionados. Come fare ad interpretare la vita di una leggenda cercando di riconoscerlo come uomo fallibile prima di tutto, e, fondamentale, così come vorrebbe il diritto internazionale, accettarne l’innocenza fino a quando non ne viene comprovata la colpa?

    “I am Peter Pan.” “No you’re not. You’re Michael Jackson” “I am Peter Pan, in my heart”

    Sul finale, accediamo all’intimità del Michael Jackson – padre. C’è pochissima musica in tutto il film, il che amplifica l’effetto dell’inserimento della clip da Childhood (1995), dove l’artista si confida, in poesia:
    It’s been my fate to compensate
    For the Childhood
    I’ve never known
    Have you seen my Childhood?

    Dopo la morte, le accuse erano quasi state dimenticate, e si era di nuovo puntato il focus sul Michael Jackson performer. Ridando vita alla leggenda della musica. Che fosse stato mediaticamente “perdonato” Jacko Re del Pop, mentre si tendeva a non approfondire ulteriormente le questioni legate a Michael Jackson uomo? Dopo Leaving Neverland, quei fantasmi sono tornati a fare visita alla memoria della sua persona.

    Il documentario Michael Jackson: chase the truth e i quesiti senza risposta

    Sono stati i comportamenti di Michael Jackson, così affettuosi nei confronti dell’infanzia, uno sconfinamento, un eccesso, o un vero reato? O solo una compensazione di una infanzia mancata e la necessità di assolvere una missione umana, cioè quella di restituire gioia a coloro i quali ne erano stati privati?

    Che la giustizia l’abbia scagionato nel 2005, non è sufficiente a disinstallare quel seme di pensiero malizioso, di dubbio, impiantato nella testa della gente.

    Come se a forza di ripetere che Michael Jackson era cattivo, generalmente tenderai a pensare che forse, così buono, non era. E se si tratta di pedofilia, era un cattivo tra i peggiori.

    Michael Jackson: chase the truth
    • Anno: 2019
    • Durata: 59 minuti
    • Distribuzione: Amazon Prime
    • Genere: Documentario
    • Nazionalita: USA
    • Regia: Jordan Hill
    • Data di uscita: 13-August-2019

    Fonte: https://www.taxidrivers.it/139703/review/d...-the-truth.html
     
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