Aspettami

COMPLETA rating giallo

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Francina_84
     
    .

    User deleted


    Complimenti davvero.. Sei molto brava a scrivere!
    :love:
     
    Top
    .
  2. Triccheballacche2
     
    .

    User deleted


    Grazie mille a tutte, davvero :kissing:
    Scusatemi, in questi giorni sono poco presente, ma questa storia mi sta prendendo corpo e anima.
    A voi :love:




    Quattro
    Giudizi

    Erano passati 10 anni da quella mia scelta, era il 2004 e il mondo, e la mia vita, stavano proseguendo a grandi passi. Alla Nasa arrivavano le prime foto di Marte, il terrorismo si faceva sempre più spaventoso, una nuova terribile malattia infettiva avanzava dall'Asia e l'11 marzo più di duemila persone rimasero coinvolte in un attentato a Madrid.
    La mia vita andava avanti a ritmi regolari, quasi monotoni, tra un allenamento, una passeggiata in centro e una cena con gli amici. Il mio passato era rimasto definitivamente in un angolo remoto della mia mente e di quella di Conny, l'unico con il quale avessi mai condiviso i miei ricordi. Tutto era normalmente normale fino a quel giorno. Fino al 24 agosto 2004.

    -Pronto?-
    Una voce maschile all'altro capo della cornetta parlò.
    -Lightning?-
    Ripetei quel nome nella mia mente. Nessuno mi chiamava più così da diverso tempo.
    -Chi parla?-
    -Sono Conny.-


    Non ricordo con esattezza la mia felicità in quel momento. Avrei fatto i salti di gioia, avrei urlato, corso, pianto da tanto che ero felice di risentirlo. Parlammo per una mezz'ora buona del più e del meno, di come fossero proseguite le nostre vite l'uno in assenza dell'altra, delle novità che c'erano state e scoprimmo che abitavamo entrambi nella stessa città senza che lo sapessimo.
    Anzi, senza che io lo sapessi. Perché adesso che ci penso bene, probabilmente il suo piano era già studiato da tempo e quella telefonata non fu per niente casuale come volle farmi credere.
    Prima di salutarci e riattaccare mi chiese se avessi voglia di andare a bere una cosa insieme un giorno di quelli e io accettai con grande entusiasmo, in fondo non avevo motivo di dubitare di alcun losco piano che mi avrebbe portato faccia a faccia con il mio passato e con la più grande delle delusioni.

    Ci incontrammo tre giorni dopo, in una caffetteria sulla nona strada, nel bel mezzo della vita affaristica di Los Angeles.
    Come al mio solito ero arrivata con notevole anticipo e mi ero seduta a un tavolino all'ombra sotto il grande ombrellone bianco che speravo mi riparasse almeno un po' dai 25 gradi di quell'afosa estate. Quando vidi spuntare la sua sagoma da dietro il fiume di persone che camminava sul marciapiede, il mio cuore fece un balzo nel petto, non avrei mai creduto di poter essere tanto contenta di rivedere un amico. Mi alzai istintivamente e gli corsi incontro buttandogli le braccia al collo, solo allora mi accorsi che lui era felice quanto me nel rivedermi. Finiti i saluti iniziali, mi allontanai da lui senza lasciargli le mani e lo osservai attentamente. Quei dieci anni di tempo non lo avevano toccato minimamente, era sempre l'omone nero dalla faccia paffuta e simpatica che mi aveva tanto ascoltata e confortata. Ci sedemmo e ordinammo due succhi al pomodoro come tanto tempo prima. Incredibile, si ricordava ancora i miei gusti.
    Parlammo, parlammo e parlammo ancora. Non c'era imbarazzo nelle nostre parole, c'era solo tanta voglia di riscoprirsi e di condividere le nostre emozioni ancora una volta. Gli raccontai tanto di me, probabilmente tutto, per la maggior parte del tempo la mia voce sovrastò la sua e lui, come sempre, ascoltava attento le mie storie. Quando gli chiesi di cosa si occupasse adesso abbassò gli occhi in direzione delle sue mani che si unirono sotto il tavolino come per nascondere l'imbarazzo, dalla sua voce uscì un suono talmente debole da farmi dubitare che stesse parlando.

    "Lavoro in privato adesso."
    "Che significa che lavori in privato Conny?"
    "Significa che ho un datore di lavoro."
    "Un datore di lavoro? Ma non fai più il medico?"
    "Certo che sì, non saprei fare altro nella mia vita!"

    Ironizzò nel vano tentativo di portare altrove la conversazione, consapevole però che prima o poi avrebbe dovuto affrontare quel discorso.

    "E quindi..? Cos'è tutto questo mistero? E' un qualcosa che non puoi dire? Lavori per la CIA per caso?"
    Ironizzai anche io sperando che così riuscisse finalmente a parlare.

    "No, niente CIA, ma non ci sei andata molto lontana. Cioè, aspetta prima che ti venga un colpo, non sono diventato né un agente segreto, né un infiltrato in qualche missione pericolosa. Diciamo che sono il medico personale di una persona famosa, ecco."
    "Oh, capirai! E io che credevo chissà cosa! E chi sarebbe la persona famosa in questione? Arnold Schwarzenegger? Il presidente Bush? No, no, sono fuori strada lo sento. Secondo me è una bella donna. Avanti parla se non vuoi farmi morire dalla curiosità!"
    "Mi dispiace deluderti, ma niente presidenti e niente donne. Sei decisamente molto lontana. Ti do un piccolo aiuto, è un cantante di fama mondiale, anzi, di fama intergalattica. E' conosciuto perfino sulla Luna. Lightning devi aiutarmi, ma ho paura che tu non sia forte abbastanza, non vorrei mai che tu soffrissi, ma non so che altro fare."


    Vi chiederete quale fosse la sua richiesta. Semplice. Tanto semplice quanto diabolica.

    "Lightning quanto tempo è che non vedi un telegiornale?"
    "Da ieri sera."
    "Di cosa hanno parlato al telegiornale ieri sera?"
    "Conny, non me lo ricordo! Dove vuoi arrivare?"
    "Avanti, cerca di sforzarti, di cosa hanno parlato al telegiornale ieri sera?"

    Riflettei attentamente.
    "Dunque, fammi pensare.. Sono stati rubati due quadri di Munch a un museo, hanno rapito tre giornalisti in Iraq, i Queen possono vendere i dischi in Iran, è iniziato il processo preliminare a Michael Jackson.."
    "Stop! Ferma!"
    "Cosa? I Queen o Michael Jackson?"
    "Michael Jackson."
    "Conny, non vorrai mica dirmi che tu lavori per quell'uomo vero?"

    La mia bocca si contrasse in una smorfia a chiamare uomo qualcuno che abusava di bambini innocenti.
    "Si Lightning. Ed è proprio di lui che ti vorrei parlare."
    "Oh no Conny, mi dispiace immensamente, credimi, ma non penso di aver voglia di sentir parlare di un pedofilo."
    "Lightning fidati, non è assolutamente come credi o come vogliono farti credere in televisione. Michael è la persona più buona che esista in questo mondo e ha bisogno di una mano. Lasciami almeno spiegare."
    "Conny, forse non sono stata sufficientemente chiara. Non me ne frega un cazzo degli assurdi problemi di una pop star tanto milionaria quanto pervertita. Che marcisca all'inferno."


    Mi alzai, lasciai una banconota da dieci dollari sul tavolo e girai le spalle per andarmene. Non avevo nessuna intenzione di ascoltarlo oltre. Quella specie di uomo che molestava i bambini stava male? Fatti suoi. Dalle mie parti si chiamava castigo divino, nessuno ne è esonerato.

    "Ah si, è questo che pensi? Ti facevo molto più intelligente, ma soprattutto molto meno superficiale! E allora cosa avrebbe dovuto dire di te la gente quando ti facevi di cocaina e di chissà quale altra roba appena dieci anni fa? Pensavo che tu più di tutti avessi imparato a non giudicare le persone dalle apparenze!"
    Urlava in piedi davanti al tavolino che avevo abbandonato. Era un colpo basso, che diavolo c'entrava la mia storia con quel cantante isterico? Io se avevo fatto del male a qualcuno, lo avevo fatto solamente a me stessa, era decisamente fuori luogo tirare in causa la mia vita per arrivare al suo scopo. Mi voltai e tornai indietro puntando un dito contro colui che fino a cinque minuti prima avevo ritenuto un amico. La rabbia mi si leggeva in volto e strinsi forte il pugno nell'altra mano per evitare di tremare dall'agitazione.

    "Tu.. Tu.. Ma come ti permetti? Vattene al diavolo! Tu e il tuo caro amico Jackson! E se sei suo complice, allora che marciate all'inferno entrambi!"

    Non fu decisamente quella che normalmente si considera una bella rimpatriata tra amici di vecchia data, ma le sue parole quella notte mi risuonavano nelle orecchie. Suonavano tanto forte da farmi male. Su una parte aveva ragione, stavo giudicando una persona dalle apparenze senza soffermarmi su nient altro, proprio come facevano con me le persone che mi incrociavano per strada a Madrid.
    "Quella è malata" "E' un'eroinomane" "Avrà sicuramente anche l'AIDS, meglio starle lontano". Il ricordo di quelle illazioni, sussurrate nemmeno tanto a bassa voce, mi fece tremare e riaffiorò il pensiero di come ci si sente ad essere giudicati senza avere nemmeno avuto la possibilità di spiegare, di parlare, di sospirare. Io non ero come mi ero mostrata quel pomeriggio. Io non giudicavo. Io davo sempre una seconda possibilità a chiunque. Prima almeno.
    Adesso mi ero trasformata in un essere orribile, in una terribile sputa-sentenze, in una di quelle persone che tanto disprezzavo e che promettevo a me stessa di non diventare mai.
    L'istinto di chiamare Conny fu più forte di me e del mio orgoglio, erano le due di notte e poco mi importava se lo avrei svegliato.

    -P.. Pronto?-
    -Conny, scusami. E' vero, sono stata una sciocca superficiale, io ho emesso la mia sentenza prima ancora di sentire i fatti, io..-
    -Lightninig, stai tranquilla, l'importante è rendersene conto e rimediare.-
    -Avanti, di cosa volevi parlarmi?-
    -Non è il caso che ne parli adesso. Troviamoci domani che ti racconto tutto.-
    -D'accordo Conny, ti ringrazio.-
    -Lightning?-
    -Si?-
    -Magari cambiamo bar domani, non vorrei, nel caso di un'altra scenata, che ti facessero internare.-

    Scoppiai in una risata che mi liberò da tutti i pensieri e riattaccai. Era sempre il mio Conny.

    Una nuova sfida mi stava aspettando dietro l'angolo.
     
    Top
    .
  3. Meg J.
     
    .

    User deleted


    bellissimo... vai che sn curiosissima! image image image
     
    Top
    .
  4. Francina_84
     
    .

    User deleted


    Oh mio dio.. Conny.. Ho capito chi era quando lo hai descritto mentre arrivava al bar e quando lui ha detto che lavorava in proprio...
    Tricche sei fantastica.. Mi sa che ho già capito dove vuoi andare a parare con questa storia, e proprio per questo non vedo l'ora di vedere il nuovo capitolo!!
     
    Top
    .
  5. Triccheballacche2
     
    .

    User deleted


    Per ora sei la prima e l'unica ad averlo capito! ;)
    I miei complimenti! :D
     
    Top
    .
  6. AndagoJJ
     
    .

    User deleted


    Wooow sempre più intrigosamente intrigante...cavoli!! Complimenti bello davvero questo racconto...!!
     
    Top
    .
  7. Jacksonerina92
     
    .

    User deleted


    Wow!!!continua!!!!!voglio sapereeeeeeee
     
    Top
    .
  8. 0marta0
     
    .

    User deleted


    si fa sempre più intrigante e sono proprio curiosa di sapere come la farai continuare!!!!!
    bravissima come al solito!!!!!!!!:)
     
    Top
    .
  9. Triccheballacche2
     
    .

    User deleted


    Cinque
    Sfida

    Arriverò subito al dunque e non vi annoierò oltre con il dettaglio del lungo dialogo che ci fu tra me e Conny il giorno seguente.
    Cosa voleva? Semplice. Il suo capo era fatto e stra fatto di antidolorifici, antidepressivi e anti-qualsiasi-cosa e io dovevo aiutarlo a disintossicarsi senza aggiungere alla già lunga lista di anti qualcos altro.
    Potrebbe essere stata anche una cosa fattibile e per niente complicata se lui fosse stato d'accordo e avesse accettato il mio aiuto; sfortunatamente il caro signor Jackson non aveva alcuna intenzione né di disintossicarsi, né tantomeno di farsi aiutare, ben che meno da una sconosciuta. Anzi, la mia descrizione è perfino troppo rosea, non solo non si voleva disintossicare, non pensava nemmeno di avere un problema.

    "E, scusami tanto Conny, ammesso e non concesso che io ti dica di si, come pensi che potrei anche solo avvicinarmi a Jackson?"
    "Oh, di incontri casuali se ne fanno a bizzeffe nel corso delle nostre vite."
    "Si, ok, ti passo l'incontro casuale, ma dovrei avere modo di incontrarlo spesso, di conoscerlo, di vedere quanto sia infognato e soprattutto di avere la sua fiducia. Non è una cosa fattibile Conny, dai! Sii realista! Ma scusa, perché non puoi farlo tu? In fondo sei un medico.."
    "E proprio per questo che non ci riesco Light"
    -porca miseria, un soprannome del soprannome, le stava proprio tentando tutte- "Io non so ragionare oltre le medicine. Se c'è un male, di qualsiasi natura, io penso a quale medicinale è più adatto a guarirlo. Fai finta di avere una mela perfetta in tutto, nella forma, nel colore e nel sapore. Se tu la mostrerai a un coltivatore penserà bene di aprirla, prendere i semi e piantarli, di modo da far crescere un melo che dia frutti altrettanto belli. Se tu invece la darai a un ortolano lui la metterà in bella mostra sopra tutte le altre mele, per attirare l'attenzione dei passanti e vendere di più. Ma se te quella mela così rossa, tonda e lucida la darai, che ne so, a un ragioniere lui non farà altro che mangiarla senza curarsi né dell'aspetto, né del colore."
    "Vorresti dire che io sarei il ragioniere?"
    "Si. A volte le mele hanno più bisogno di ragionieri che di coltivatori e ortolani."


    E come dargli torto? Io ero il ragioniere e Jackson la bella mela che voleva solo essere mangiata. Avevo già deciso che gli avrei dato una possibilità o che, quantomeno, non lo avrei giudicato prima di conoscerlo, ma se nella mia testa si fosse insinuato anche il più minimo sospetto che quell'uomo avesse toccato un bambino... Dio, lo avrei mangiato davvero.
    Quando quasi sottovoce acconsentii a fargli da complice in quello stupido piano, Conny a momenti mi saltò addosso. Si alzò goffamente dal tavolino lasciando cadere a terra il portatovaglioli con tutti i tovaglioli dentro e venne ad abbracciarmi. Ero stretta nella morsa di un uomo di quasi cento chili che mi stritolava come fanno le bambine con le loro bambole e che mi ripeteva nell'orecchio "Grazie, grazie, grazie, grazie!". Dopo cinque minuti passati in apnea, Conny decise che avrei potuto riprendere la mia attività respiratoria e sciolse l'abbraccio, tornammo a sederci e a parlare tra i tanti occhi che ci fissavano e che avrebbero pagato chissà quale cifra pur di sapere cosa stesse succedendo.

    "E allora, dov'è che dovrei incontrare Jackson?"
    "Beh, le alternative possono essere diverse. Certo, in questo periodo non è che esca molto, ma qualche diversivo se lo concede. La cosa positiva è che se va in qualche negozio, i proprietari chiudono al pubblico e lui rimane solo all'interno. Potresti approfittare di una di quelle uscite. Io ovviamente ti terrò informata di ogni suo spostamento."


    Magnifico. Mi sembrava di essere una ladra professionista che studia il piano per scassinare una banca.
    Beh, a quel punto ormai era rimasto ben poco da dire, così ci salutammo e al "Ci sentiamo presto" di Conny, rimasi pietrificata e compresi chiaramente cosa mi sarebbe aspettato da lì a poco.

    ***



    La sua telefonata non tardò molto ad arrivare. Erano passati tre giorni dal nostro ultimo incontro e quando vidi il numero di Conny lampeggiare sul display del cellulare mi venne istintivo sedermi sul bordo del letto, come se stessi per ricevere una brutta notizia.

    -Light ci siamo.- Di nuovo questo Light, e che palle. -Domani pomeriggio Michael ha intenzione di andare a fare un po' di compere in quel negozione sulla dodicesima, immagino che chiuda al pubblico come sempre, puoi farti chiudere dentro o sennò fatti trovare lì nei paraggi. Vabbè dai, sei una donna, saprai certamente meglio di me come adescare un uomo.-

    Certo, come no.
    Adescare un uomo è una cosa da niente. Adescare Michael Jackson però, chissà come mai, mi sembrava un attimino più difficoltoso.

    -E sia, proviamoci. Oggi mi faccio bella, faccio un po' di compere in centro, vado dal parrucchiere e, se mi avanza un po' di tempo, anche dall'estetista. Ti avverto Conny, se non mi degnerà nemmeno di uno sguardo, punto primo mi rimborsi tutto quello che ho speso, punto secondo ti terrò direttamente responsabile della mia depressione da rifiuto.-
    Riattaccai ridendo, mi misi il cappotto e uscii di casa. Non sapevo bene il perché, ma quella strana situazione iniziava a divertirmi.

    Quello stesso pomeriggio feci esattamente quanto preannunciato a Conny, ma lasciando lo shopping per ultimo. Che razza di cose potevano piacere a Jackson? Quali erano i suoi gusti in fatto di donne? Cosa poteva fargli salire il bollore alle stelle al solo pensiero di poter togliere di dosso quegli inutili stracci? Non ne avevo idea. Non sapevo nemmeno che tipo fosse, figuriamoci se potevo anche solo immaginare i suoi gusti. Stavo girando invano per negozi da oltre mezz'ora, senza che niente catturasse realmente la mia attenzione, finché non lo vidi. Era in assoluto l'abito più adatto che i miei occhi fossero stati in grado di cogliere. Sentivo che era lui quello giusto, era appeso su un manichino nero lucido nella vetrina del negozio di Roberto Cavalli in Rodeo Drive e mi stava chiamando a gran voce. Descriverlo? Quasi impossibile. Nella sua semplicità era quanto di più complicato avessi mai visto. Leggero e frusciante nella morbidezza della seta, bianco ma con decori nei toni dell'arcobaleno, con le spalline che si allargavano pian piano per formare un triangolo destinato a coprire il seno, senza però nasconderlo eccessivamente. Lo provai e quando uscii dal camerino e mi guardai allo specchio notai con piacere che non ero la sola ad esserne rimasta abbagliata. Quel vestito brillava di luce propria da tanto che era bello e a poco sarebbero valsi i miei sforzi di quel giorno per migliorare la mia acconciatura e la mia pelle. Sarebbe bastato lui da solo a far cadere Jackson ai miei piedi.

    ***



    La mattina dopo mi alzai verso le nove se non ricordo male, Jackson sarebbe arrivato al negozio alle tre di pomeriggio, ma i preparativi da fare erano diversi e non volevo certo rovinare tutto arrivando in ritardo.
    Mentre aspettavo che il caffé venisse sù dalla macchinetta aprii l'acqua della vasca e ci buttai dentro una quantità notevole di bagnoschiuma al lampone. Rimasi a mollo con il caffé in una mano e un giornale nell'altra per una ventina di minuti coccolandomi e rilassandomi molto più di quanto avrei fatto di solito. Dopodiché cercai di ridare forma alla meravigliosa acconciatura che era a malapena sopravvissuta a una delle mie agitatissime notti e mi truccai come al solito, fondotinta ivory, matita nera intorno agli occhi e tanto, tanto mascara. Feci molta attenzione nell'infilarmi il mio preziosissimo abito, se lo avessi macchiato con un po' di trucco o di gel per i capelli sarebbe stata la fine, ma, fortunatamente, la mia buona stella mi stava osservando e il disastro fu evitato. Uscii di casa alle 12.15.
    Arrivare sulla dodicesima in piena ora di punta era come andare a una partita dei Lakers con addosso la maglia dei Bulls: un suicidio. Mi ci vollero tre quarti d'ora per trovare un parcheggio, bruttissima idea quella di muovermi in macchina, idea ancora peggiore quella di prendere la mia macchina, una Morgan 4x4 del 1976 ovviamente senza cappotte, e lasciarla lì incustodita per chissà quanto tempo tra i curiosi passanti che, una volta parcheggiata, non la smettevano di scattare foto.
    Ok, ok, ok, ammetto che magari la mia deliziosissima auto possa essere oggetto di particolari attenzioni e curiosità date le sue caratteristiche poco comuni e la mia mania ossessivo-compulsiva nel tirarla a lucido e farla risplendere come un diamante, ma se da un lato la cosa mi inorgogliva come una mamma fiera della sua bambina, dall'altra scatenava in me una gelosia e una possessività fuori dal comune.
    Ma lasciamo stare e torniamo a noi. Avevo finalmente trovato un parcheggio abbastanza vicino al luogo dove sarebbe avvenuto l'incontro, non avevo ancora un piano anzi, non avevo nemmeno la minima idea di cosa avrei potuto fare per attirare l'attenzione di Jackson su di me. Ero praticamente davanti al negozio ed ero ancora nel buio più totale, quando un tacco mi si incastrò nella fitta rete di un tombino o chissà bene cosa altro diavolo fosse. Sentii la caviglia tremare pericolosamente, mentre la mia bocca si contorceva in una smorfia a metà tra il dolore e l'imbarazzo della caduta che ci sarebbe stata da lì a poco, iniziai ad agitare le braccia nella vana speranza di recuperare almeno una piccola parte dell'equilibrio che mi stava abbandonando quando sentii una presa sicura afferrarmi il polso e cingermi la vita appena un attimo prima che la mia faccia toccasse terra. Rimasi per un minuto buono buono a guardare il cemento sotto i miei occhi e poi mi ricordai del mio salvatore improvvisato, appoggiando la mia mano al suo braccio feci leva per rialzarmi e riacquistare un po' di dignità, ritornai alla posizione eretta, mi scrollai il vestito che grazie al cielo non aveva subito danni e, aspettando che il mio viso tornasse di una tonalità normale al posto del rosso pomodoro che prevaleva sicuramente in quel momento, mi rimisi una forcina nei capelli. Feci un respiro profondo per sfoderare il sorriso più gentile che conoscessi e dire un immenso grazie al mio angelo custode, ma quando mi voltai verso di lui, il mio tentativo sfumò nel nulla e le parole mi si strozzarono in bocca.

    "Beh, se proprio voleva conoscermi sarebbe bastato un cenno con la mano, non importava che si disturbasse così tanto. Comunque tanto piacere, Michael. Lei è?"
     
    Top
    .
  10. 0marta0
     
    .

    User deleted


    :clapping: :clapping: :clapping: grande!!!!!! bellissimo questo capitolo!!!!!!!!!!!! mi piace un sacco questa storia! davvero!
     
    Top
    .
  11. Francina_84
     
    .

    User deleted


    Hahahaha che figura..!! Se voleva attirare la sua attenzione ci è riuscita! XD Stupendo....
     
    Top
    .
  12. MJlover
     
    .

    User deleted


    Io inciampo continuamente e accidenti mai che venisse a raccogliermi l'uomo dei miei sogni...
    Giulia ti adoro! :comm8jk.gif:
     
    Top
    .
  13. Triccheballacche2
     
    .

    User deleted


    Ragazze, grazie mille a tutte, siete meravigliose! ^_^
    A voi il sesto capitolo :kissing:




    Sei
    Fatalità

    Ditemi una cosa e siate sinceri, quando ci si ritrova davanti ad un uomo o a una donna che sprizza fascino da tutti i pori qual è la cosa più azzeccata da dire?

    "Merda!"
    "Non credo proprio che questo sia il suo nome."
    "No, mi scusi, è che io.. Ecco.. No, vabbè lasciamo stare. Grazie per avermi.. Ehm, raccolta. Arrivederci."
    "No, aspetti un momento per favore. Non mi ha ancora detto come si chiama."


    Sorrise. Tutto ad un tratto, non appena i miei occhi si alzarono e fissarono i suoi andandosi a perdere nell'immenso mondo che celavano al loro interno, non fui più tanto sicura di me come pochi attimi prima. Vi giuro che ce la misi tutta per rimanere lucida, ma quell'uomo solo guardandomi, riusciva a frantumare ogni mia difesa. Che strana sensazione. Non ne ero attratta né fisicamente né mentalmente, ne ero affascinata, come se il suo sguardo avesse un qualche potere magico in grado di riuscire ad ammaliare chiunque avesse la volontà di guardare a fondo al suo interno. In quel momento realizzai che il compito che mi aveva affidato Conny non sarebbe stato così brutto come avevo immaginato.
    Tentai di capire quanto avesse bisogno del mio aiuto, ma guardandolo bene mi sembrò che Conny avesse esagerato, certo è anche vero che la dipendenza dagli psicofarmaci è diversa da quella da cocaina, eroina e roba varia. Avrei dovuto stargli vicina a lungo per sapere come comportarmi e quando poterlo fare. Al pensiero sorrisi maliziosamente.
    Mentre i miei occhi si perdevano all'orizzonte in uno sguardo vuoto e pensieroso e con un sorriso ebete stampato sulla faccia, il mio salvatore si preoccupò bene di svegliarmi dalla mia tranche improvvisata.

    "Signorina, signorina tutto bene? Ha picchiato la testa? Vuole che la accompagnamo all'ospedale? Mi perdoni, ma non posso restare qua fuori ancora a lungo, facciamo così, venga si aggrappi al mio braccio e entriamo dentro almeno potrà sedersi, bere un bicchiere d'acqua e tranquillizzarsi in tutta calma."

    Bingo! Per il mio piano sarebbe stata la svolta decisiva! Malgrado non avessi affatto programmato o previsto la mia semi-caduta, ero riuscita a catturare l'attenzione di Jackson e adesso avevo l'opportunità di stare un po' con lui e magari riuscire a strappargli un appuntamento normale. Lo sapevo, ne ero pienamente cosciente, la mia mente pensava in modo razionale. Peccato che la mia bocca e chissà quale altra parte del mio cervello non la pensasse alla stessa maniera.

    "No, grazie davvero, ma sto bene. Non si stia a preoccupare per me."

    Stupida, stupida, stupida, stupida! Ma cha diavolo mi era uscito dalla bocca? "No grazie"? O mamma, ero impazzita.
    Per fortuna la mia buona stella non mi aveva ancora abbandonata.

    "Signorina, mi perdoni ma devo insistere. Mi sembra un po' confusa e.. Ecco, vorrei essere sicuro che stia bene."

    Acconsentii con un cenno della testa guardando bene di tenere la bocca ben chiusa stavolta. Lui avanzò per primo e si infilò con uno scatto e una velocità degna di un atleta all'interno del negozio mentre io, sorretta da uno degli uomini della sicurezza, o almeno così avevo intuito data la stazza e gli occhiali scuri, entrai e mi sedetti nell'atrio su una sedia di legno intagliata di mille forme e ghirigori con un cartellino appeso sul bracciolo destro riportante l'astronomica cifra di 3290 dollari.
    Con un bicchiere altrettanto prezioso in mano riempito d'acqua dalla dubbia provenienza, osservavo Jackson intento nel suo folle shopping. Chi mai si sognerebbe di spendere fior fiore di quadrini per tavolini d'oro di un metro per uno o giochi arcade di moda almeno 20 anni fa? Nessuno. Anzi no, per essere sinceri, ad averceli i fior fiore di quadrini, per i giochi arcade qualcosina ci avrei potuto spendere anche io. Per Jackson la concezione di shopping era molto diversa da quella che hanno le persone comuni, lui entra, gira intorno con un commesso riverente, educato e ben disposto, cosa obbligatoria e scontata quando si lavora a percentuale e il cliente in questione spende cifre astronomiche, che annota tutto quello che Jackson indica. Et voilà, les jeux sont fait.
    Non so quanto potrebbe piacermi questo tipo di compere, è tutto troppo veloce, scontato, non c'è la scelta, non c'è niente, decisamente troppo affrettato e disordinato per i miei gusti. Mentre ero lì assorta nei miei pensieri, incurante di tutto ciò che mi circondava, vidi una chioma nera chinarsi all'altezza del mio volto, inclinando la testa a destra e a sinistra per essere certo di essere notato. Disincantata dal mio sogno a occhi aperti, ebbi un sussulto quando me lo ritrovai davanti la faccia ad una distanza massima di 5 centimetri dalla punta del mio naso.

    "Porca vacca!"
    "Che c'è?"
    "Che c'è lei, non io! Che ci fa davanti alla mia faccia? Insomma, lasci perdere adesso vado."
    "Mi dica signorina, è sicura di non aver sbattuto la testa?"


    O signore, quest'uomo mi stava veramente dando sui nervi. Non riuscivo a capire se voleva solo fare il simpatico o se era veramente preoccupato per il mio stato di salute. Mentale aggiungerei.

    "Senta un po' signor Jackson, la vuole smettere di offendere per favore? Pensa per caso che sia matta? Non le arriva al cervelletto l'idea che ritrovarsi davanti cotanto pezzo di uomo, per di più famoso più della carta igienica, possa mettere un attimino in imbarazzo le persone?"

    Scoppiò in una risata che definire meravigliosa era decisamente troppo riduttivo. E mentre io cercavo ancora di mantenere un briciolo di serietà e un finto tono offeso mi poggiò una mano sulla spalla e mi disse:

    "Si, scusami hai ragione. Facciamo che ripartiamo da capo ok? Tu non mi sei piombata letteralmente addosso, io non sono stato maleducato facendoti passare per matta e non ti ho trascinata qui dentro con la forza. Facciamo che tu eri qui a fare compere e ci siamo avventati sullo stesso oggetto." Dire che era strano era certamente un'eufemismo. "Quindi, considerando il fatto che ci siamo appena conosciuti... Ah! Non ti dispiace vero se ti dò del tu? In fondo sei molto più giovane di me. Quindi, dicevamo, com'è che ti chiami?"
    "Lightning!"
    "Lightning?"
    "Si, Lightning."


    Oh, ma che conversazione interessante che stavo avendo con il signor Michael Jackson. Ero davvero fiera di me. Lui sembrò accorgersi del mio imbarazzo e della mia irritazione. Ovviamente l'irritazione non era nei suoi confronti che era stato tanto carino e gentile nel vano tentativo di farmi sentire a mio agio, ma verso di me che non riuscivo a spiccicare parola e formare una frase di senso compiuto, ma lui questo non poteva saperlo.

    "Bene Lightning, allora piacere di averti conosciuto."

    Girò le spalle e fece per andarsene. Cazzo! No, non potevo lasciarmelo sfuggire così, non adesso che era stato lui a sciogliere il ghiaccio e a farsi avanti. Non mi sarebbe più successa un'occasione simile e Conny non me l'avrebbe mai perdonata.

    "No mister Jackson, per favore aspetti. Mi scusi, è che sono diventata timida tutta di un colpo. Non l'ho nemmeno ringraziata. Sa una cosa? Preparo un ottimo cheesecake con la marmellata, ricetta di una mia amica italiana, non è farina del mio sacco, ma è davvero buono. Che ne dice, le va un giorno di questi di venire a mangiarne una fetta?"
    "Solo se la smetti di darmi del lei e prometti di non cadermi addosso con la torta in mano."
    "Parola di scout!"


    ***



    Gli avevo lasciato il mio indirizzo, anzi, per essere del tutto sincera e scrupolosa, lo avevo lasciato a una delle tante persone che gli stavano dietro, bodyguard, assistenti e chissà chi altro. Sfortunatamente non ebbi la sfacciata idea di farmi lasciare un suo numero di telefono, cosa alquanto impossibile da ottenere, ma nemmeno la faccia tosta di segnargli il mio, così mi ritrovavo a passare le giornate in casa nella speranza di sentir suonare il campanello.
    Quel pomeriggio decisi di uscire e di andare a fare un po' di spesa quando, invece di sentire il classico dlin dlon, due colpi rapidi e secchi risuonarono dalla parte opposta dalla porta. Andai ad aprire e, contro ogni mia aspettativa, mi ritrovai Jackson a guardarmi sfoderando il suo sorriso a 36 denti che faceva sorridere di riflesso anche me. Nella mia mente, quando fantasticavo sulla sua visita a casa mia, me lo immaginavo tutto imbaccuccato e seguito da un esercito di persone con occhiali scuri e auricolari nelle orecchie che si guardavano intorno sospettose persino della vecchietta che tornava dal mercato. E invece era lì, sulla soglia di casa mia, completamente solo, con una bottiglia di vino rosso in mano che mi guardava con gli occhi straniti di qualche giorno prima.

    "Ti ricordi di me Light? Mi avevi offerto una fetta di dolce e così ho pensato di... Ecco, io spero di non disturbare."

    Disturbare. Certo come no.
    Solo quando mi accorsi di quanto fossi felice di vederlo lì, mi resi anche conto di quanto lo avessi pensato nei giorni passati.
     
    Top
    .
  14. 0marta0
     
    .

    User deleted


    che belloq uesto capitolo!!! divertente!!!
    mi piace sempre di più qusta storia!!! complimenti!
     
    Top
    .
  15. Effulgent;
     
    .

    User deleted


    Muahah image capitolo troppo divertente (gli altri splendidi ma già lo sai :D )
    Go go go Light!
    image
     
    Top
    .
114 replies since 13/1/2010, 21:44   2640 views
  Share  
.
Top